martedì 16 marzo 2010

Giulia Poles 268921

ESERCITAZIONE 1
Alla sua comparsa il web era un potenziale avverarsi della profezia orwelliana di una società robotizzata, popolata di schermi impersonali e autoritaria propaganda: l’assistere passivo a ciò che una sconosciuta redazione immetteva in rete si univa all’annullamento del rapporto umano a favore di quello meccanico. Con l’evoluzione del cosiddetto web 1.0 nell’attuale web 2.0 gli user genereted contents consentono l’apporto del singolo utente all’edificazione della conoscenza circolante in internet, favorendo il contatto tra persone portatrici di conoscenze a discapito dell’ arida ricerca di notizie. Se l’unilateralità della comunicazione è scongiurata dallo scambio dialogico di saperi ,rischia di verificarsi un’altra deriva, dovuta alle stesse enormi potenzialità del web 2.0: la preminenza del mezzo sul fine. Le possibilità – per quanto rivoluzionarie- offerte dai nuovi scenari digitali restano solo potenza se non attuate; lo strumento va sfruttato per la diffusione di contenuti e idee che abbiano valore in sé , per evitare cioè la riduzione alla sterile magnificazione di un mezzo. Gli interventi di Michele Vianello e Gianluigi Cogo hanno presentato nei loro interventi alcuni esempi di concrete applicazioni delle risorse della rete. Il direttore di Vega ha illustrato come l’era dei bit superi le questioni fordiste di spazio fisico e numero di dipendenti, in quanto banda larga e wifi, connettività in movimento, rendono possibile la continua contaminazione di idee e conoscenze: la fine di quella che è stata definita epoca degli atomi consente il passaggio da un impostazione verticale del rapporto lavorativo ad una orizzontale, in cui il co-working e la trasmissione e condivisione di informazioni permettono crescita e progresso. Sulla “teoria del dono” è fondato web 2.0, un nuovo modo di approcciarsi alla rete, che si sta configurando come vera rivoluzione culturale: l’intenzione dei creatori di Google di inserire in rete tutta la conoscenza del mondo può essere realizzata solo grazie al contributo quotidiano di milioni di utenti ; wikipedia, ebay, tripadvisor, flickr, youtube, face book, linked in, twitter sono solo alcuni degli strumenti che segnano il profondo scarto tra mass media tradizionali e web, al punto da parlare di cittadinanza digitale. “Oggi, l’organigrammma è fatto di link non di gerarchie. Il rispetto per la conoscenza vince su quello per l’autorità astratta” (cinquantesima tesi del Cluetrain manifesto). Iris, un servizio per la città di Venezia, è un esempio del rapporto di collaborazione che si può creare tra cittadini e amministrazione comunale: le segnalazioni di disagi da parte degli utenti devono ricevere risposta. Ulteriori esempi di e-democracy, quella forma di democrazia diretta resa possibile dall’uso delle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sono stati segnalati da Gianluigi Cogo. Il nuovo ruolo di cittadino digitale che si sta delineando prevede però un rapporto di scambio, di dare e avere: non è possibile limitarsi alla rivendicazione di diritti ma per il successo della governante partecipata il controllo e l’interesse verso la materia pubblica devono essere costanti. I servizi perché questo sia possibile sono molteplici e diffusi soprattutto nel mondo anglosassone: i parlamentari canadesi possiedono un account su Twitter, a cui sono costantemente contattabili, altri siti o blog che permettono il contatto con gli organi governativi sono Number10.gov.uk, theyworkforyou.com, The white house blog. La copertina del Time del gennaio 2006 recitava così: You control the information age. Welcome to your age