venerdì 19 marzo 2010

Giovanni Rossato 269224

- Esercitazione 1 –

Nelle due conferenze che si sono svolte durante il corso di informatica/disegno digitale ho notato come al giorno d’oggi sia inevitabile incappare nel web, volenti o nolenti. Mi spiego meglio: Michele Vianello fa notare, nel suo intervento, come le maggiori opportunità di lavoro per i giovani si trovino in rete. La via migliore, più semplice e immediata, per un giovane per emergere e farsi notare nell’ambito lavorativo, è quella di proporsi sul web elencando le sue competenze. Un’interessante scoperta, per me, in queste lezioni d’informatica è stata quella del social network linked in. In questo caso l’utente si propone nel mondo lavorativo attraverso il suo profilo virtuale e la sua attività all’interno del social network; così l’azienda, il potenziale datore di lavoro compie una ricerca specifica e approfondita all’interno del social network in base alle caratteristiche che gli servono (in questa maniera si smaltisce il lunghissimo lavoro della lettura e valutazione dei curriculum). Così, non solo all’interno dell’ambito lavorativo, vengono a formarsi nuove comunità virtuali molto ricche dal punto di vista di scambio d’informazione. Ritengo necessario specificare che i social network devono considerarsi come un prolungamento, se così si può definire, della socialità. Dato che sul web si ha la possibilità filtrare la nostra persona creandoci profili che non rispecchiano la realtà (ad esempio posso dire che sono alto, biondo con gli occhi azzurri anche se nella realtà sono tutt’altro e posso fare tutto questo senza violare alcuna legge). La bellezza del web risiede nel fatto che lo scambio di informazioni tra gli utenti è all’interno della più completa libertà (tralasciando i tristi casi della Cina ad esempio, dove pare che venga creato un web fatto “su misura” degli interessi politici). Internet è un luogo di scambio d’informazione libero e democratico (con le dovute eccezioni, già citate) e i siti di condivisione devono considerarsi il mezzo con il quale avviene la comunicazione, non personaggi attivi della comunicazione. Porto come esempio la condanna del tribunale italiano inflitta a google (video) per aver pubblicato uni video dove un ragazzo diversamente abile veniva picchiato dai suoi compagni di classe e questi ultimi riprendevano la scena per poi pubblicarla sul sito di condivisione video di google. Bisogna condannare il telefono perché Hitler per telefono a comunicato ai suoi generali di invadere la Polonia? Non credo che il telefono possa considerarsi colpevole di tutte le oscenità che sono passate attraverso di esso. Lo stesso discorso vale per face book, you tube, google video, twitter o qualsiasi altro sito di condivisione e scambio di informazioni presento sulla rete, in quanto essi, questi siti, rappresentano il mezzo comunicativo, non un soggetto che in potenza può intervenire nella comunicazione ai fini di distorcerla o modificarla.
Comunque, inevitabilmente, bisogna prima o poi entrare a far parte di una comunità virtuale. Non perché questa sia migliore di quelle che si possono trovare nella realtà ma, per il discorso precednete fatto, per poter sfruttare uno scambio di informazioni immediato, in alcuni casi necessario per non incappare in inutili e snervanti attese o lunghi pellegrinaggi per le più lontane e disparate periferie urbane che cingono le nostre città.
A proposito di lunghi e, troppo spesso, inutili viaggi trovo alcune parti dell’intervento di Gianluigi Cogo molto interessanti da questo punto di vista. Mi trovo perfettamente d’accordo con Cogo quando illustra gli odiosi limiti che posseggono gli enti di pubblica amministrazione in Italia. Sarebbe molto più comodo se gli enti pubblici venissero incontro attraverso il web alle necessità dei cittadini, digitalizzando in maniera seria e utile, e non solo formale, i servizi. Riguardo alla digitalizzazione dei servizi però bisogna anche stare lontani da perversioni eccessive che impediscono qualsiasi operazione al di fuori della rete. La persona in carne ed ossa esiste ancora. Faccio un esempio: una volta mi presentai in biblioteca con scritto su un pezzo di carta tutti i codici, numeri, lettere, insomma tutto il materiale necessario per ritirare un libro, a momenti sapevo indicare anche lo scaffale sul quale era riposto il libro che dovevo ritirare; la richiesta per il prestito di un libro andava fatta via web ma da casa la richiesta non riusciva a partirmi e ero in ritardo così mi ero recato in biblioteca con tutto il necessario comunque. Quel libro non l’ho mai visto, allo sportello della biblioteca mi dissero che se non avevo fatto la richiesta via internet non era possibile ritirare alcun libro. Allora io gli feci notare come io avessi tutte le indicazioni di quel libro e che ero anche in possesso della tessera, ma non ci fu niente da fare. In questo caso mi sembra che la rigidezza del sistema via web fosse veramente eccessiva.