mercoledì 10 marzo 2010

FRANCESCO MISSEROTTI 269216

Il mondo è finalmente di tutti , le persone insieme possono dare molto al giorno d’oggi. Il Web è fatto di tanti pezzi che ora si possono unire insieme grazie alle varie piattaforme. Tutti i contenuti sono interscambiabili , diventa interoperatività assoluta. Un’idea prodotta è disponibile a milioni di persone in un attimo . Ci facciamo dominare dalle tecnologie o siamo in grado di dominarle? La macchina Siamo noi . Le relazioni non sono più fra oggetti ma fra persone .

Ci stiamo avvicinando sempre più ad una vera e propria rivoluzione che cambierà radicalmente il nostro stile di vita in quanto a costumi sociali, economia, organizzazione delle città.

All’interno dell’incontro con Michele Vianello abbiamo affrontano argomenti tra cui: lo sviluppo della città di Venezia, la definizione di web 2.0 e il tema della cittadinanza.

Nella domanda chiave di questo incontro ci si chiede se Venezia sia un luogo all’interno del quale si può innovare. Sono presenti vari fattori che devono essere considerato, come il fatto che la città è vecchia, la presenza di tanti turisti, l’assenza di giovani, e così via.

Se ne discute da circa una decina di anni ma la risposta che trova più accordo sta nella possibilità effettiva di questa città di innovarsi. Esistono due temi attraverso cui sarebbe possibile arrivare a questa innovazione; si tratta innanzitutto della “green economy”, cioè la rincoversione dell’economia in funzione della sostenibilità ambientale. La green economy si interseca con il tema delle smart cities, cioè piccole metropoli organizzate sulla base della green-economy attraverso la rete.

L’altro tema riguarda la “conversione da atomi a bit” all’interno del quale l’ economia e le aree urbane sono state fino ad ora organizzate sulla base di produzioni materiali (ossia fabbriche, numero persone e utilizzo di spazi). Tale conversione consiste nello sviluppo dell’ economia attraverso la conversione da atomi a bit, sfruttando la quantità di informazioni che la rete ed il web trasmettono. In questa nuova epoca non serve spazio ma conoscenza e capacità di trasmettere idee (ad es. i fondatori di Google non avevano spazio ma sono partiti da un algoritmo attraverso cui hanno creato l’impero che tutti conosciamo).

La necessità di conversione da atomi a bit è legata anche al tema della conservazione, che cerca di risolvere il problema di trovare spazio nuovo al passo con la sostenibilità dell’ambiente; per far ciò c’è bisogno di un requisito indispensabile: una rete a banda larga.

Si pensi ad esempio alla nuova generazione di lavoratori che si orienta verso aree urbane in cui è presente questo tipo di servizio che permette di avere un contatto diretto con il resto del mondo, con tempistiche estremamente ridotte, che permette l’abbattimento dei confini spaziali. La connettività è costituita anche dalla rete in movimento, la cosidetta rete wi-fi; esistono strumenti alla portata di tutti (come palmari ad esempio) che permettono una costante connessione alla rete, non necessariamente all’interno di un luogo in cui è presente una connessione privata (come bar, biblioteche e via dicendo) ma in tutta l’area, ed è proprio per questo che viene chiamata rete in movimento.

Attorno alla connettività in movimento ci sarà l’uscita dalla crisi per molte imprese:le città che presentano wi-fi e banda larga sono quelle che si candinano prima delle altre a ospitare nuove imprese, creativi , neolavoratori, dove scuole, sanità e trasporti possono essere organizzati diversamente.

Queste città vengono chiamate smart cities, e fanno della continua connettività il loro grande strumento di progresso.

Ad esempio Google ad oggi sta sperimentando un progetto che prevede 1gb di banda larga, non se ne conoscono ancora i limiti ma promette buone prospettive future.

Si pensa sia una tecnologia, invece è un approccio alla rete.

La nascita della rete era affidata a dialoghi unidirezionali, non consentiva l’interattività tra le persone(dialogo), l’unica forma possibile di dialogo è la posta elettronica (è la fase iniziale del dialogo, non è ancora dialogo).

In merito al secondo tema affrontanto, il Web 2.0 è un approccio completamente diverso, costituito da 3 grandi variabili: sviluppo di strumenti di connettività a prezzi accessibili, sviluppo di piattaforme che consentono il dialogo (con la possibilità di utilizzare in rete strumenti totalmente diversi) e il costo bassissimo dello storage cioè la possibilità di archiviare dati in rete senza utilizzare un disco esterno.

Vorrei riportare alcuni esempi in merito:

- Facebook è una delle piattaforme di dialogo frequente al giorno d’oggi da una quantità enorme di persone, un grande strumento di comunicazione di massa che consente a milioni di persone di dialogare senza filtri.

- Youtube ha rotto l’equilibrio dei media tradizionali: una volta una notizia filmata aveva un mercato limitato a quello della televisione, mentre ora in rete si possono trovare filmati di ogni genere e contenuto.

- Wikipedia è l’esempio massimo di collaborazione: si tratta di un’ enciclopedia creata dallo sforzo di ogni persona che ne fa utilizzo, in cui ad esempio i tempi di adeguamento di un vocabolo sono molto più immediati rispetto alle altre enciclopedie.

- Google è nato per mettere in rete tutta la conoscenza del mondo, più noi lo usiamo più google ha valore, è in aggiornamento continuo è perciò costruito su un processo di collaborazione che interessa ognuno di noi.

Web 2.0 è l’insieme dei contenuti generati dagli utenti, funziona una cosa perché chi la usa la implementa costantemente. Nella generazione precedente di web il contenuto era fatto solo dall’amministratore del sito che lo aggiornava da sè.

- Ebay: si tratta di un sito in cui è possibile effettuare compravendite usando la rete.

Questa è un approccio che sta cambiando il mondo.

Esistono ora nuove regole di conversazione tra le aziende e gli utenti che in altre epoche erano assolutamente impensabili, come anche le nuove regole di gestione aziendale secondo la rete.

L’economia si basa su dialoghi e conversazione, non più su spazi, è costruita su un concetto chiamato “long tail” (lunga coda): che consiste in pratica nella possibilità di prendere solo la canzone che ti interessa da un cd, o da un libro solo il capitolo che ti serve. Lo spazio non serve più, basta un server dove immagazzinare i file. Un brano, un capito, possono essere scaricati legalmente attraverso un semplice download e un pagamento di una cifra infina ( pochi euro e addirittura pochi cent.). Mettiamo ad esempio che un file costi 1€, moltiplicando questa cifra per un milione di utenti nascono cifre consistenti. Questa è l’econonimia “long tail”, l’economia che è fatta dalla somma di piccolissime cifre. L’economia tradizionale è fatta da milioni di euro, la “long tail” è fatta da tanti 0.50 € . “Steve Jobs dice che è impossibile convincere le persone a non rubare, ma convincerle a spendere un dollaro è possibilissimo” afferma Michele Vianello , definendo la differenza fra il nuovo e il vecchio approccio all’economia. L’economia della rete è abbondanza e quindi è il valore di pagamento per accedere a una news si abbassa notevolmente, questa è una risorsa che i media tradizionale non posseggono.

Queste straordinarie idee possono essere utilizzate per la Pubblica amministrazione. Ad esempio ci sono code infinite per compilare un modulo, come si fa ad avvisare il comune che c’è una buca per terra? Come può esistere il dialogo con la Pubblica Amministrazione? Deve essere fatto un cambio culturale: la filosofia dove vige il rapporto di collaborazione e conoscenze che vengono messe in relazione con conoscenze di altre persone. In questa logica non esiste il concetto di “mio”, esiste il concetto di “nostro”.

Nasce da qui il tema per cui gli anziani restano fuori dal mondo. E’ stato dimostrato che se agli anziani serve qualcosa in rete imparano ad utilizzare quella cosa, basta dare gli strumenti necessari.

In rete funziona benissimo il passaparola (contaminazione), efficace per diffondere informazioni non cartacee.

La rete ha poi i suoi anticorpi: se su un blog la gente ritiene che dai commenti sei una persona dalle idee poco mature e poco motivate, tende ad escluderti da sola, lo fa autonomamente la comunità.

Nasce da qui un progetto che tende alla realizzazione di una community al vega, un sistema di dialogo fra le aziende, sia inerente al lavoro sia utile per notizie di interesse generale o di svago, si tratta quindi di una grande comunità che consente di avere relazioni in giro per il mondo.

Michele Vianello usa una metafora per cui “le formiche hanno i megafoni”, lo fa per indicare cosa sia successo in rete, una formica da sola non fa molto, ma quando le formiche vengo accomunate dalla rete possono parlare tutte insieme, la metafora dei megafoni in questo caso corrisponde alla rete e le formiche hanno la possibilità di parlare tra di loro. In questo caso è fondamentale avere gli strumenti, avere a disposizione la rete, si hanno maggiore chance, essere partecipe di un dialogo più grande. Chi non ha questa possibilità cosa fa? Diminuiscono le chance di vita per ognuno di noi, se non sei in rete non dialoghi con nessuno. Bisogna quindi rivedere il termine cittadinanza e digitale: il cittadino oggi consiste nella tradizionale definizione di cittadino stesso più la capacità di usare la rete. Il divario digitale oggi fa la differenza tra persone, imprese, aree urbane, fra paesi e territori; questo è il motivo per cui si sta cercando di introdurre il wi-fi gratuito in tutta l’are di Venezia.

Il problema della rete si basa sulla responsabilità dei dati immessi in rete e sulla censura: in paesi come la Cina e l’Italia è applicata la censura sulla rete nei confronti di Google, si pensa che il provider sia responsabile dei contenuti che vengono immessi in rete ( gli utenti scaricano ogni responsabilità attraverso la firma di una liberatoria prima di pubblicare i dati ). In realtà in rete servono delle regole ma non sono le regole dei media tradizionali ( liberatorie tradizionali ) in quanto il web non è regolabile con gli strumenti tradizionali ma ad esso servono nuove norme di tutela e regolazione che sanciscano regole di questa nuova e indispensabile forma di dialogo.

Dall’incontro con l’esperto Gianluigi Cogo è emerso il tema di “democrazia partecipata” definendo il rapporto che intercorre tra chi è chiamato ad amministrare e chi dovrebbe essere servito (cittadino servito dalla PA per i suoi bisogni). Questo rapporto sta cambiando, non ovunque (per questioni di cultura), ma si sta manifestando un atteggiamento nuovo dei cittadini nei confronti della democrazie. Oggi la democrazia elettronica è fornita da una serie di strumenti che prima non esistevano.

Il concetto di “democrazia digitale” è nato quindi proprio perché aveva sotto il presupposto di un’infrastruttura digitale che lo rendeva abilitante. Non poteva esistere democrazia digitale se non c’era sostanzialmente la rete, gli strumenti e i servizi. E’ una forma di democrazie diretta, attraverso le e-mail (e-mail inviata da un cittadino ad un responsabile della pubblica amministrazione ad esempio)

Le nuove tecnologie permettono di fare tante cose, è da capire se attraverso queste tecnologie noi siamo in grado di organizzare e saper gestire tali potenzialità verso sempre più il concetto di democrazia elettronica.

Wikipedia nel dare la definizione di democrazia elettronica la confonde con il voto elettronico: in Brasile ad esempio si può votare via rete.

Gli inglesi danno già per scontato che la grande partecipazione dei cittadini non è solo sinonimo di votazione alle urne, ma di continuare a governare processi e strategie anche quando le persone elette stanno svolgendo il loro lavoro. La votazione quindi non si esaurisce con la semplice votazione della durata di pochi giorni ogni 4 o 5 anni, ma è un’azione che si protrae anche quando è in corso per tutto il ciclo del mandato proprio attraverso la partecipazione diretta dei cittadini che sono coinvolti in questo nuovo scenario. La controparte invece sostiene che i cittadini mettano alla prova la coalizione vincente, se l’amministrazione esegue male il proprio lavoro ci sarà una conseguenza alle future elezioni ( ci si riferisce in questo contesto alla voce dei politici, non disposti ad una democrazia diretta e continua).

Oggi non si parla più di cittadino affine solo a sé stesso, ma con il termine cittadino si indica anche l’approccio verso il digitale: il nuovo cittadino digitale che esprime sulla rete giudizi, commenti (attraverso ad esempio piattaforme come facebook); quindi si forma una certa identità che si muove con meno difficoltà nel mondo del digitale rispetto a quello “tradizionale”.

Attenzione però: il concetto di cittadino digitale non è legato esclusivamente al concetto di “avere”, cioè ad un approccio limitato ed ignorante che un cittadino tipo potrebbe avere, ossia quello di poter accedere alla rete e di pretendere-avere servizi dati dalla piattaforma ( pagare le tasse via rete ad esempio).

“Non chiedere cosa fa lo stato per te, ma chiediti cosa fai tu per lo stato”.

Il concetto di cittadino digitale invece ( nella versione anglosassone) si basa su un rapporto di “dare – avere”: Ad esempio durante il mandato di una PA ogni cittadino deve essere un’ipotetica spina nel fianco, come definisce Gianluigi Cogo, ossia una figura che ottiene un rapporto diretto, un dialogo con la PA ( in positivo come in negativo).

I “social media” che vengono utilizzati nella rete (facebook, youtube, ecc) sono strumenti altamente abilitanti che favoriscono la partecipazione individuale o in gruppo delle persone, quindi possono diventare strumenti importanti per l’esercizio di una democrazia diretta.

Lo Stato non è un’ entità astratta, siamo noi lo stato, soprattutto con la mentalità volta alla democrazia digitale, e al concetto di cittadino digitale.

Alla nascita dei “social media” primo su tutti emergeva internet ( al pari dei media tradizionali come la televisione e i giornali). All’inizio il rapporto tra media e cittadino era unilaterale (in riferimento al concetto di “avere” precedentemente definito).

Grazie a tre fattori il web si è evoluto ed è diventato il media sociale per eccellenza :

- infrastruttura, fatto di avere a disposizione sempre e comunque la connettività;

- tecnologia, grazie a strumenti che sono sempre più tecnologicamente evoluti per offrire al fruitore un rapporto sempre più facile ed usabile ( prima questi strumenti li utilizzavano solo i professionisti o gli appassionati di informatica, se una cosa è diffcile da usare non avrà mai successo, concetto di usabilità);

- cultura, senza cultura tutto ciò di cui abbiamo parlato non avrebbe senso. Senza cultura digitale non ci può essere sviluppo per questo nuovo approccio. Digitale apparentato con le discipline umanistiche: bisogni che c’erano gia nei tempi antichi (voglia di condividere la conoscenza ad esempio ).

Il web evoluto e sociale sfrutta la grande capacità da parte di tutti di arrivare ad una produzione collettiva dell’economia della conoscenza : tutti posso produrre qualcosa con la conoscenza a livello digitale sfruttando le piattaforme e gli strumenti disponibili. Non c’è più una redazione che pubblica foto, notizie, eventi per gli utenti interessati ma sono gli stessi utenti che collaborano in maniera diretta alla produzione digitale. Questo fenomeno chiamato “fenomeno dei contenuti generati dal basso” è un fenomeno iniziato nei primi anni del nuovo millennio. La PA deve però affrontare una scelta: continuare nella sua “sorda strada” senza dialogo con i cittadini, oppure mettere a disposizione una serie di servizi di democrazia, per lo sviluppo di questo tipo di approccio alla rete e al cittadino.

Web 1.0 era sempre uno stato passivo di un utente che era soggetto a decisioni di altri che producevano; oggi il web 2.0 è dato da una produzione collettiva di conoscenza (non ci sono più tante conoscenze separate, ma sono tutte legate da relazioni).

Tutti sono al pari e tutti possono contribuire. Il web 2.0 ha un’evoluzione del sistema sociale.

Una volta ci si approcciava alla rete per cercare qualcosa, oggi ci si approccia per cercare qualcuno. Cercando qualcosa mi arricchisco ma non faccio parte di un insieme, non avendo contatto con qualcun altro . Insieme si può avere un’idea (più facile mettere insieme due teste che una per arrivare ad un’idea). Ma se poi l’idea fosse data dalla folla? Le aziende di oggi non producono più in base ad un’idea nata dai vertici dell’azienda stessa, ma in base a cosa la folla richiede. Si noterà una nuova apertura mentale significativa di questo cambiamento ( idee dal basso).Nasce tutto da un approccio di tipo culturale avendo i mezzi necessari. E’ ovvio poi che le persone più talentuose riescano ad essere più spiccate, ma la folla ha un potere molto grande.

Un cittadino vuole poter incidere sulla vita collettiva attraverso il Social Network: un gruppo di veneziani ha partecipato ad un interscambio digitale di opinioni e idee con l’obiettivo di fare qualcosa per la città. Questi cittadini discutono delle stesse cose di cui discute il consiglio comunale. “Why not?” Grazie ad un media sociale si tenta un approccio dal basso . Il risultato è che tra queste persone 11 si sono candidate nei vari partiti e sono nuovi potenziali amministratori che hanno vissuto la democrazia in maniera diversa rispetto agli altri .

Gli americani hanno applicato il progetto “fix my street” (aggiustami la strada), uno dei primi sistemi democratici che facilita la gestione di contenuti: si tratta di un servizio che consiste in un invio da parte di un cittadino di una foto di un dissesto stradale alla PA, con immediata collocazione geografica. Dopo questa segnalazione la PA si impegna a sistemare tale disagio.

Queste azioni non riguardano la privacy, si tratta solo di senso civico di ogni cittadino per migliorare la propria città.

Ogni attività della PA dovrebbe quindi essere svolta in funzione di una democrazia diretta sfruttando i social network, attraverso la condivisione di file, e il rapporto diretto tra i cittadini. Se il cittadino è su facebook perché la pubblica amministrazione non deve andare incontro al cittadino stesso? I social network non servono solo per il cosiddetto “cazzeggiamento”, ma anche per attività socialmente utili. In Italia qualche amministrazione sta iniziando ad attivarsi sotto questo punto di vista, come il comune di Genova ad esempio, o il comune di Torino che usa una nomenclatura molto più vicina al linguaggio comune a tutti i cittadini.

Esiste poi il “Barcamp” che è un concetto che può sembrare un paradosso, viene definito come una “non-conferenza”: non è l’atteggiamento di una persona che racconta la sua storia e che cerca di persuadere una folla ad esempio, in cui ci sono persone che possono essere favorevoli all’argomentazione svolta, oppure contrarie o astenersi, dichiararsi non interessate. Il barcamp mette d’accordo tutte le persone che vi partecipano: mette tutti allo stesso livello e insieme si ha un dialogo, uno scambio di opinioni tramite la rete con vari risultati. Con questa “non-conferenza” ognuno si può sentire protagonista . Esistono i barcamp generalisti e quelli a tema che trattano i più svariati temi. Tutto il materiale prodotto durante un barcamp non è mai fine a sé stesso ma permane sui social media interattivi, in cui è permesso di commentare, votare, dialogare, anche a seguito dell’incontro.

Azione chiave di ogni discussione è sempre il rapporto “dare –ricevere” di cui si è precedentemente parlato: quando riscontriamo un’opinione con cui non siamo d’accordo è importante proporre altre soluzione e idee a quella proposta; solo in questo modo è possibile un dialogo, in caso contrario le piattaforme e gli strumenti del web 2.0 non verrebero sfruttati a dovere ed anzi si creerebbero i tradizionali rapporti unilaterali che non contribuiscono al miglioramento della vita.