Nelle conferenze tenute dai relatori Michele Vianello e Gianluigi Cogo i temi affrontati sono stati simili, seppur trattati sotto diversi aspetti. Il tema principale in entrambe le relazioni è stato quello del Web 2.0.
Michele Vianello riesce a spiegare in poche parole di cosa si tratta: la maggior parte degli internauti, cioè ormai l’intera popolazione, è convinta che il Web 2.0 sia una nuova tecnologia. Niente di più sbagliato. Il Web 2.0, infatti, è solamente un nuovo approccio alla tecnologia già esistente. Fino a pochi anni fa la rete era solo un contenitore virtuale d’informazioni che vedeva tutti noi come degli utenti passivi; non c’erano cioè interattività e dialogo. Con l’avvento del Web 2.0, permesso principalmente da tre fattori: sviluppo di strumenti di connettività a prezzi accessibili, sviluppo di piattaforme che consentono il dialogo (Facebook, Twitter, LinkedIn) e il costo bassissimo dello storage (archiviazione di dati), le cose sono cambiate.
Fino al secolo scorso lo sviluppo delle aree urbane avveniva in concomitanza e in parallelo alla costruzione e allo sviluppo delle fabbriche e delle industrie. Ora e nel futuro invece lo spazio fisico non sarà più necessario allo sviluppo delle città poiché queste ultime potranno avere una floridezza culturale e non solo esclusivamente se saranno connesse. Vianello ha infatti parlato delle smart cities, che sono le città che nel futuro più prossimo avranno maggior successo sia in campo culturale che economico e saranno le prime a uscire dalla crisi economica mondiale. Le smart cities sono quelle che fanno il maggior utilizzo di connettività, intesa come banda larga; ed è appunto la connettività che creerà una differenza tra le diverse aree urbane. Vianello inoltre, poiché è il direttore del Vega (parco scientifico-tecnologico di Venezia), ha parlato del rinnovamento della città lagunare, secondo molti impossibile o improbabile e secondo lui invece possibile e attuabile proprio grazie all’apporto sempre maggiore in città della connettività.
Uno dei concetti chiave, oltre a Web 2.0, che collega i due relatori, è quello dell’UGC (user generated contents), e cioè delle informazioni generate dallo scambio d’idee degli utenti.
Anche Gianluigi Cogo ha parlato dei miglioramenti che sono avvenuti e avverranno grazie al Web 2.0, in merito però alla democrazia partecipata. Il relatore ha incentrato il suo discorso sul possibile cambiamento tra la cittadinanza e la pubblica amministrazione. L’eDemocracy (democrazia digitale), è favorita dal Web 2.0 che permette appunto uno scambio continuo e senza filtri tra gli utenti di tutto il mondo, e riesce così a coinvolgere i cittadini attivamente alla vita politica.
Nei paesi anglosassoni, come Inghilterra e Usa, questa forma di democrazia partecipata attraverso l’utilizzo della rete avviene già. In Inghilterra le consultazioni popolari si svolgono attraverso il web; questo permette al cittadino di sentirsi e di essere più attivo e partecipe all’interno della propria comunità.
Il Web 2.0 diventa così il centro gravitazionale della democrazia diretta e partecipata da parte dei cittadini, permettendo a questi di rendersi attivi non solo attraverso l’azione del voto ma anche a voto compiuto, durante cioè il mandato del governo. In Italia ci si sta avvicinando a piccoli passi a questa forma di democrazia. A Venezia ad esempio è già attivo un servizio online, Iris, che permette ai cittadini di svolgere diverse funzioni, come quella di segnalare guasti nelle strade ecc...