giovedì 11 marzo 2010

Ayan Mohamed Nur 269504

ESERCITAZIONE 1

In entrambi gli incontri del 3 e 10 Marzo i due relatori hanno trattato di come il web da unidirezionale si sia evoluto in web sociale. Ciò che ha permesso il passaggio da WEB 1.0 a WEB 2.0 è stato il diverso approccio degli utenti alla rete: coloro che utilizzavano inizialmente internet cercavano informazioni, che venivano pubblicate, controllate e gestite da un webmaster, dunque l’utente usufruiva del web in maniera passiva; invece ciò che contraddistingue la rete oggi è il dialogo dal momento che col tempo è accresciuta in ciascuno di noi la consapevolezza che chiunque può dare il proprio contribuito al web divenendone così un cittadino attivo. E’ nata così la definizione inglese user-generated content (UGC), la quale indica che i contenuti (notizie,discussioni,immagini,video e anche prodotti) presenti in rete sono frutto della collaborazione di tutti gli utenti; dunque oggi non è più necessaria la figura dell’amministratore che è stata sostituita dalla community.
Il direttore di VEGA, Michele Vianello, ha affrontato la questione da un punto di vista più economico, infatti “i mercati sono luogo di conversazioni” e di conseguenza necessitano del web: la tradizionale economia (di atomi) che era caratterizzata da spazi fisici, da personale e da oggetti finiti e preconfezionati, ora è stata sorpassata da “the long tale”, cioè un’economia fatta di piccole cifre e che ti consente di comprare solo ciò che ti piace senza dover comprare l’intero prodotto. Basti guardare la popolarità di Ebay, Amazon, Apple store. L’economia della rete è molto più ampia e libera rispetto a quella della tv, dove si paga anche ciò a cui non si è interessati, e a quella del telefono che mette in collegamento contemporaneamente solo due o poco più persone; nel web c’è condivisione, scambio e possibilità di conoscersi tra persone senza filtri e mediatori. La capacità di collaborare e di condividere idee con gli altri è importante per un’azienda che vuole fare business, ma lo è altrettanto anche per abbattere confini spaziali e mettere il mondo in comunicazione (ad esempio caso delle proteste in Iran). In generale il dialogo crea conoscenza e permette una crescita: il Presidente Obama ha un diretto contatto con i suoi cittadini e risponde alle domande più votate online su Youtube; è nata una community di conservatori repubblicani, “the coffee party Usa”, che vuole render noto a tutti la propria opposizione alla riforma sanitaria americana; esiste tripadvisor, strumento attraverso il quale i turisti di tutto il mondo si scambiano informazioni su alberghi e ristoranti in giro per il globo. Secondo Vianello il processo di innovazione è legato a due parametri: “green economy”, ovvero la riconversione dell’economia volta alla sostenibilità ambientale; e “smart cities”, città che vantano di un’efficiente sistema di connettività e capacità di utilizzare la rete per affrontare i vari problemi, esse a differenza delle altre città possono ospitare imprese,scuole,infrastrutture e sanità all’avanguardia. Venezia è già dotata di una connettività a banda larga dunque permette ai suoi residenti una connettività in movimento (wi-fi).
Il prof. Gianluigi Cogo ha preferito analizzare il rapporto della pubblica amministrazione con il web. Innanzitutto ha sottolineato il fatto che ormai viviamo nell’era digitale e che in particolare noi studenti nati in quest’era siamo definiti “nativi digitali”. Tutto questo è possibile grazie a tre fattori che ci hanno interessati da vicino: la diffusione di infrastrutture che permette una connettività presente quasi ovunque; l’innovazione di tecnologie che fornisce strumenti semplici e accessibili a tutti; e la cultura digitale mediante la quale possiamo partecipare alla produzione collettiva della conoscenza globale. Lo status di cittadino digitale ci dà il diritto di richiedere alcuni servizi online (informazioni e servizi dall’università, pagamento delle bollette,...); ci concede piaceri come i social network (Facebook, Twitter,...) che consentono la partecipazione individuale e di gruppo ai vari divertimenti; e ci impone anche doveri, quali fornire linee guida e spunti per amministrare bene ai propri deputati (in Gran Bretagna) o votare online dove possibile (ad esempio in Brasile). Con la definizione di e-democracy o democrazia elettronica il prof. Cogo intendeva proprio affermare questo: esiste ormai una partecipazione attiva della cittadinanza digitale all’amministrazione, poiché dal basso attraverso il web si può avere un rapporto diretto con le autorità e si può comunicar loro proposte, giudizi e commenti. Sussistono anche strumenti come fixmystreet (o mybikelane), spotcrime, ratemyteachers (o ratemypoo), theyworkforyou per denunciare e informare chi di dovere su ciò che sta accadendo nel proprio territorio attraverso delle segnalazioni (riguardo rispettivamente a infrazioni su strada, a crimini, al lavoro svolto da insegnanti o poliziotti e a quello dei parlamentari) e una precisa localizzazione del fatto. Così si crea un centro sevizi in rete: il cittadino fornendo la posizione facilita il soccorso dell’amministrazione, la quale provvederà a portare i soccorsi. Si riducono così i tempi morti e la gestione del territorio è più efficace.
A mio parere è ottima l’idea di avere un’amministrazione digitale: per mia esperienza so che la burocrazia in Italia richiede tempi lunghissimi e spesso è dovuto ad un personale disinformato riguardo alle procedure da seguire, dunque penso che la gestione della pubblica amministrazione tramite web possa accelerare i tempi e portare a migliori risultati. Il futuro è digitale, e sono convinta che presto anche l’istruzione, la sanità e le infrastrutture in Italia si adegueranno di conseguenza. Si eviteranno sprechi di carta e le informazioni viaggeranno senza conoscer confini.